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«Un estate per ripartire»

Intervista a Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi

Dopo un anno e mezzo di blocco, il turismo riapre, in coincidenza con la stagione estiva. Siete fiduciosi? Che aspettative avete? «Dopo un anno così buio e nefasto per la pandemia, noi che siamo avvezzi alla programmazione ed alla pianificazione siamo stati praticamente costretti dalle circostanze a vivere alla giornata – esordisce Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, in trincea fin da gennaio 2020 –. Ci ha penalizzato molto la poca chiarezza delle regole espresse a livello istituzionale. Si sperava di poter riprendere l’attività e di riaprire i nostri alberghi ai visitatori anche prima della stagione estiva. Ma a causa dei numerosi «stop and go» comunicati di volta in volta dal governo, e soprattutto a causa dell’andamento della curva dei contagi, abbiamo avuto margini stretti per organizzarci».

Le incertezze delle regole e delle riaperture quanto hanno pesato? «Ricordo sempre che riaprire un hotel necessita di una preparazione di almeno 2/3 settimane: non è la stessa cosa di un bar o un negozio, per cui basta aprire una saracinesca ed i clienti possono serenamente accomodarsi per prendere un caffè o acquistare un prodotto. Sostanzialmente abbiamo perso le opportunità legate alle festività pasquali e anche quella prova generale dell’estate» rappresentata dal mese di giugno».

E oggi su che cosa puntate? «Oggi davvero puntiamo tutto sull’estate 2021, forti del fatto che il governo Draghi ha recentemente definito in modo chiaro le riaperture al movimento turistico interno, ha facilitato grazie al green pass l’ingresso del turismo straniero e, soprattutto, ha impostato una campagna vaccinale che sta dando magistralmente i suoi frutti. Le aspettative ci sono e noi siamo pronti da tempo ad offrire il meglio».

Chi viene può stare sicuro, dunque. «Attualmente le strutture ricettive rappresentano il luogo in assoluto più sicuro con tutte le cautele anti-contagio: stiamo vaccinando con criterio tutto il nostro personale, siamo da sempre concentrati nel garantire il massimo dell’igiene e della pulizia nei nostri ambienti e abbiamo anche potenziato la sicurezza mettendo a punto un protocollo («Accoglienza sicura») che recepisce, integrandole ulteriormente con la nostra esperienza, tutte le indicazioni istituzionali in materia di tutele anti contagio».

Siete fiduciosi, insomma. «Se siamo fiduciosi? Direi piuttosto che siamo degli inguaribili ottimisti. Teniamo duro e siamo senz’altro rassicurati dal fatto che oggi possiamo contare su un ministero e un ministro del Turismo che sta mostrando di essere al nostro fianco. Ma siamo provati, molto provati. Anche di fronte a segnali positivi come l’effettivo aumento rilevato in merito alle prenotazioni, la nostra reazione è di grande prudenza. Succede così quando si è sofferto molto».

Quali ostacoli restano ancora da rimuovere per il decollo della stagione? «Credo che si debba evitare di confondere le idee ai turisti che vengono da Paesi extra-europei. Oggi per esempio gli americani hanno difficoltà a venire in Italia per un problema di collegamenti aerei, e ci vorranno mesi per tornare a regime, ma anche per una grandissima confusione nelle regole. Prima è stato detto che chi è vaccinato può venire in Italia, poi è arrivata un’ordinanza di Speranza che obbliga anche chi è vaccinato al tampone. Per le repubbliche ex sovietiche è previsto da noi l’obbligo di quarantena, cosa che non esiste in altri paesi nostri competitor come Spagna, Grecia e Croazia. Non possiamo partire con la zavorra».

Su che tipo di flussi turistici contate di più? «Guardi, di questi tempi non abbiamo velleità. Ci basiamo su quello che è ragionevolmente prevedibile: per riavere i turisti stranieri nel nostro Paese ai ritmi consueti e per recuperare i 27 miliardi persi proprio per la quasi totale assenza dei visitatori dall’estero, temo che ci vorrà più tempo. Sicuramente sarà più il turismo interno a popolare i nostri lidi, le nostre montagne e tutte le località solitamente prioritarie per la vacanze dei nostri concittadini. C’è voglia di rinnovarsi attraverso la natura, il mare, il sole. Ma ci sono anche paure e preoccupazioni da superare».

A quali paure si riferisce? «La pandemia ha reso molti di noi più fragili e insicuri, tanto da ingenerare dubbi sull’opportunità di concedersi una tregua fuori. In questo senso sarebbe auspicabile che virologi, immunologi e comunicatori facessero un passo indietro quanto ai continui e reiterati gridi di allarme, o quanto meno sarebbe bene che dessero informazioni univoche. C’è da mettere in conto anche la disoccupazione che ha investito le più disparate fasce sociali, soprattutto le famiglie monoreddito: è ovvio che la vacanza diventa un lusso difficile da concedersi. Malgrado ciò la nostra previsione è che circa il 54% di italiani torneranno a viaggiare soprattutto «in casa».

Cosa chiedete al governo per riprendervi, anche alla luce del Recovery Plan? «L’estensione del Superbonus 110 per cento agli hotel è la misura per noi più importante. Resta poi essenziale per noi la possibilità di «comprare il tempo», ovvero accedere a prestiti garantiti dallo Stato al 90% della durata di almeno 15 0 20 anni. Chiediamo poi l’esonero dal pagamento della seconda rata Imu per il 2021».

Il ministro Garavaglia ha annunciato la costituzione di una banca dati sulle strutture ricettive, per contrastare il fenomeno dell’abusivismo. «È musica per le nostre orecchie. Siamo stati tra i primi a proporre un sistema per contrastare la piaga dell’abusivismo per le locazioni brevi. Viviamo quotidianamente sulla nostra pelle la concorrenza sleale, un vero Far West che inficia chi invece e rispetta le regole. Non si spiega perché l’albergatore debba attenersi a rigidissime regolamentazioni mentre sulle piattaforme on line sono pubblicizzati affitti indistintamente senza che compaia alcun vincolo nelle procedure. Dunque, siamo grati al ministro Garavaglia che ha avuto la prontezza di mettere ordine in questo grande, dannoso caos».

Claudia Marin, Qn Economia – 14 giugno 2021
Bernabò Bocca

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