«Fuori dalla crisi nel 2023». L’intervista a Carlo Sangalli, Presidente di Confcommercio
Ripresa lenta, saremo definitivamente fuori dalla crisi solo nel 2023». Il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli promuove le riaperture e i progressi della campagna vaccinale, fondamentali per rimettere in moto l’economia italiana, ma spiega che la strada da percorrere è ancora molto lunga.
Gli indicatori economici tornano a sorridere. Cosa ne pensa?
«A maggio il Pil ha mostrato i primi segnali di una ripresa di qualche rilievo, con un incremento del 3,7% secondo le nostre stime. Se a questo aggiungiamo l’inaspettata crescita registrata dall’Istat nel primo trimestre, allora ci sono le premesse per un possibile recupero superiore al 4,5% nel 2021».
Sarà una ripresa a macchia di leopardo?
«Non tutti i settori, ovviamente, stanno viaggiando agli stessi ritmi. Se la manifattura e le costruzioni già da alcuni mesi registrano variazioni positive, per i servizi la strada da percorrere è ancora molto lunga. Per i grandi aggregati del turismo, della cultura e della convivialità, un ritorno ai livelli di produzione e consumo del 2019 potrà verificarsi, molto probabilmente, solo all’inizio del 2023».
Il settore del turismo è tra quelli che hanno sofferto di più.
«Il turismo, soprattutto quello estero, è ancora molto lontano da una vera ripresa. Per l’anno in corso stimiamo una crescita delle spese turistiche del 18,8%: fanno quasi 11 miliardi di euro di maggiori spese rispetto al 2020. Ma anche in questa ipotesi favorevole, il giro d’affari sarà inferiore del 50% rispetto ai livelli del 2019, con una perdita di oltre 65 miliardi di euro. Tra l’altro sono ancora moltissime le imprese chiuse e per alcune, penso alle discoteche, non è prevista una data per la riapertura. Questo significa rischio concreto di cessazione definitiva delle attività, con conseguenze drammatiche per l’occupazione».
I dati attuali sull’occupazione la preoccupano?
«In generale il lavoro indipendente è stato il più colpito dalla crisi. Ad aprile si scontava, rispetto a febbraio del 2020, una riduzione del 6,6% di occupati in questa posizione, vale a dire 347 mila persone, un numero importante. Finita l’emergenza andranno messe in pista robuste politiche attive fondate sul rapporto tra cura delle competenze e servizi pubblici e privati per l’impiego».
Lo sguardo ora è rivolto al Pnrr. È fiducioso?
«Il Pnrr deve affrontare una duplice sfida. La prima: risolvere, nel nostro Paese, nodi strutturali di lungo periodo e rilanciare un processo di crescita in affanno da almeno un ventennio. La seconda: dimostrare che è giunto il tempo di una nuova e più avanzata pagina del progetto europeo. Per affrontare e vincere questa duplice sfida, serve il combinato disposto di investimenti di qualità e delle riforme indispensabili per il migliore funzionamento del sistema-Italia. Ma serve anche lo sforzo collettivo di cui ha parlato il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco nelle sue considerazioni finali. Per questo, ci sembra necessario anche un confronto più continuo e strutturato con le parti sociali. Bisogna realizzarlo a partire dalla valorizzazione del ruolo del tavolo di partenariato previsto nell’ambito della governance del Piano».
Pensa che il divario Nord-Sud possa essere ridotto?
«Sotto questo aspetto il Pnrr potrebbe costituire un’opportunità straordinaria che non va sprecata. Ridurre il divario Nord-Sud significa concentrarsi sui deficit della logistica e dell’accessibilità e in generale delle infrastrutture, sugli eccessi della burocrazia e sulle inefficienze della giustizia civile, sulla qualità dell’istruzione».
F.Bis. Il Messaggero – 8 giugno 2021
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