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Quei caffè da Carducci alla zona bianca

Da oggi il ’Vittorio Emanuele’, locale storico del 1882, riparte tra Peacocklab e Renato Lideo

Come indirizzo non c’è male: Piazza Maggiore 1. Difficile trovare un locale bolognese più fascinoso e antico del bar Vittorio Emanuele. Il caffè occupa l’angolo più bello del Palazzo del Podestà, accanto a Piazza Nettuno. Era già lì nel 1882. Da oggi il locale volta pagina: aperitivi, cucina curata, vini scelti col cervello e non secondo le mode. Il bar più centrale di Bologna è una ‘bottega storica’. Carducci e Marconi, Beniamino Gigli e Gino Cervi. È uno dei due caffè italiani che in Giappone stanno clonando in vista delle Olimpiadi, un po’ come il David di Michelangelo a Dubai. I tavoli sotto il portico e sulla piazza sono un richiamo da sempre. Ora si tenta di rinverdire i fasti degli anni Cinquanta, quando l’aperitivo al bar Vittorio era una tappa obbligata.

Si arrivava in auto, si parcheggiava in piazza infilando qualche moneta nei primi parchimetri spuntati in città. Dopo un Campari o un frizzantino si andava a cena all’altro angolo del palazzo, verso via Orefici. Oggi c’è Signorvino. Allora c’era Giuseppe, palcoscenico e vivaio di grandi cuochi e futuri ristoratori: Renato Gualandi, Eros Palmirani, Cesare Chiari. La squadra del nuovo Bar Vittorio Emanuele (una dozzina di persone) è giovane e solida. Tutto nasce dalla collaborazione tra la società Peacocklab e Renato Lideo, l’imprenditore che dal 2004 gestisce il bar e che ha legato il suo nome a tanti altri locali, compresi Borgo Mameli e Guasto Village, la Torinese e la Scuderia.

In cucina, accanto ai classici (lasagne, cannelloni, polpette) spuntano tartare di pesce, cous cous, un impeccabile cocktail di gamberi, curati dai giovani cuochi di Accuatiepida. Negroni, spritz e aperitivi sono affidati a Salvatore Castiglione. Oggi il debutto. È un bel segno di risveglio e di fiducia del cuore antico di Bologna.

m.bass., Il Resto del Carlino -20 maggio 2021

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