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Ristoranti tre per uno. Nel pranzo extralarge i coperti si moltiplicano

Il coprifuoco obbliga i gestori a fare di necessità virtù per recuperare C’è chi fa anche tre turni a tavola: da mezzogiorno fino alle 4

Le tagliatelle al ragù delle cinque di pomeriggio e la pizza delle sei, la colazione all’inglese servita al pub insieme al boccale di birra, l’a­peritivo delle quattro. A una setti­mana dall’ingresso in zona gialla, il centro di Bologna ricorda sempre più quello di Amsterdam o di Creta: ai tavolini all’aperto si man­gia e si beve a tutte le ore, sembra di stare in aeroporto. Il pranzo si è dilatato su due turni, la cena per chi vuole è anticipata alle 18.30. Ma c’è anche chi la cucina, per non sbagliare, nel weekend non la chiude mai. Con pochi tavolini a disposizione e molti clienti da ser­vire, molti ristoratori hanno rivo­luzionato le loro abitudini, e quelle dei clienti di conseguenza. Zitto zitto, senza fare rumore, il coprifuoco ha cambiato gli orari della città.

Alla Buca Manzoni, dietro via In­dipendenza, Roberta Guzzinati ha detto ai ragazzi della cucina di tenersi pronti dalle 11,30, «anche se mangiare crescentine prima di mezzogiorno è difficile – sorride -. Però la cena la serviamo dalle 18 e facciamo orario continuato il saba­to e la domenica. Con cosi pochi ta­voli dobbiamo fare due turni per forza, o non riusciamo a sopravvi­vere. La nostra idea è quella di ser­vire i cibi della tradizione, ma gli orari e le modalità devono cambia­re. La clientela si è molto ringiova­nita e ci sta seguendo con grande flessibilità. Poi qualche turista c’è, e loro spesso chiedono di mangia­re a orari inconsueti». Anche da Adesso Pasta in via IV Novembre la cucina il sabato e la domenica tira dritto. «Ma ti viene il male il fe­gato – si lamenta il titolare France­sco Mafaro – perché abbiamo po­chi tavoli: ho passato tutto il fine settimana a mandar via gente».

Da Vito a San Luca, l’orario con­tinuato l’hanno imposto anni fa i turisti ed è rimasto dopo il Covid. «Ieri ho fatto due turni – dice Vito Dall’Oglio – il primo da mezzogior­no alle due, il secondo dalle due in avanti. Alle quattro di pomeriggio servivo tagliatelle e sono andato avanti fino a sera». Stesso discorso Fabio Rodda: Osteria dell’Orsa e JukeBox in via Mentana. «Lavoria­mo da mezzogiorno alle 22 e sta andando molto bene – dice – La sera. cambia poco, perché comun­que la gente a Bologna fatica ad anticipare la cena, ma quelli del pranzo alle 16 ci sono sempre: tra gli studenti, i lavoratori, chi ha fat­to tardi la sera prima. La scorsa settimana sembrava Capodan­no».

Al Pratello Fantoni ha ritoccato appena l’orologio: apre a mezzo­giorno e la sera si cena dalle 19,30. Pasquale Giorgiani, al Rovescio e da Baraldi, lì accanto, nel wee­kend allunga il pranzo fino alle 16 e anticipa la cena alle 19. «E i se­gnali sono positivi – sorride – qual­che turista è tornato: ieri ad esem­pio è venuta un’americana che sta scrivendo una guida per le vacan­ze dei vaccinati».

Poi ci sono i pub che si sono rein­ventati, come il Punto di Camilla Rodella, che si è lanciata nel pran­zo. «La prima settimana è stata una bomba – dice – ci siamo trovati costretti a lavorare su tre turni nel weekend: dalle 12 alle 16, dalle 16 alle 19,30 oppure dalle 19, 30 alle 22. Ai clienti lo diciamo all’atto del­la prenotazione, sono molto com­prensivi».

In zona universitaria, al Rosso di via Righi, il pranzo inizia a mezzogiorno e la cena dalle 18,30. Co­me alla pizzeria Michele di piazza San Martino, che però il sabato e la domenica fa oraio continuato. Da Guero, lì dietro, Daniele Rumore ha anticipato l’aperitivo alle 17,30. Mentre Polpette e Crescenti­ne, al mercato delle Erbe, sta speri­mentando la cena delle 18, stile nordico. Al Celtic, il presiedente di Confeserenti Max Zucchini si è adattato al rito del brunch, suo malgrado: serve colazioni con uo­va strapazzate, pancetta, piselli e funghi. «Per me però andare a casa alle 22 è contro natura – dice -. Mi si è accorciata la vita». Poi c’è chi la tradizione la interpreta in senso stretto, come il titolare del Diana Stefano Tedeschi. «La nostra – so­spira – è una ristorazione da orari canonici».

di Caterina Giusberti, La Repubblica, 4 maggio 2021

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