Intervista a Manuela Villani, titolare di bar e tabaccheria, Francesco Mafaro di Adesso Pasta e Alessandro Cavalieri del ristorante Da Fabio
Manuela Villani, bar tabaccheria
«L’orario anticipato crea solo più ressa»
«Personalmente ritengo a priori la dicitura ‘coprifuoco’ una lesione dei miei diritti personali». Manuela Villani (foto sotto) gestisce un bar tabacchi in via Larga da tanti anni e, mentre commenta il prolungamento del limite fino al 31 luglio, spiega: «Non ho mai capito questa definizione e comincio a esserne davvero stanca».
Non siete d’accordo con le nuove misure?
«Onestamente le trovo ideate da qualcuno che non ha idea della realtà dei fatti e di cosa significhi lavorare. Ho sempre accettato la chiusura anticipata da quando è comparsa la pandemia, ma non l’ho mai capita».
Secondo lei non contribuisce a frenare la corsa del virus?
«No, anzi fa sì che l’orario di uscita delle persone sia più concentrato in una determinata fascia».
Per regolare meglio il flusso, dunque, cosa occorrerebbe fare?
«Lo abbiamo già visto: la gente ha una voglia matta di uscire di casa, la primavera e poi l’estate fanno il resto. Continuare a imporre il coprifuoco alle 22 significa, per noi baristi, ammazzarsi letttri orari».
Un impegno ulteriore che servirà a ripagare delle perdite?
«I clienti continueranno a venire. Torneranno a casa da lavoro, si faranno una doccia e poi verranno a prendere l’aperitivo: tutti noi cercheremo di lavorare al massimo in quella fascia oraria, anche se non potrà bastare per recuperare i danni. E, ancora una volta, manca la chiarezza».
Di che tipo?
«Non ho ancora capito a pieno cosa si può fare e cosa no, se posso servire un caffè al bancone a un cliente o se devo portarlo all’esterno mentre è seduto a un tavolino. Siamo stremati e avviliti».Francesco Mafaro, Adesso Pasta
«Ma se inizia a piovere i clienti dove li metto?»
Da lunedì si riparte e chi ha spazi all’esterno, potrà restare aperto a pranzo e cena. Voi come siete organizzati?
«Abbiamo 10-12 tavoli fuori, ma per un ristorante con 15 dipendenti, che deve rinunciare a diversi metri quadrati, la vedo veramente dura». Per Francesco Mafaro di ‘Adesso Pasta’ (in via IV Novembre) le novità per i ristoranti non sembrano in grado di dare la svolta a un comparto in ginocchio.
Quali sono le difficoltà principali?
«Innanzitutto, abbiamo una concessione gratuita fino a maggio, ma poi dovremo pagare lo spazio esterno. Ed è un’altra spesa che si aggiunge. E se fa brutto tempo?».
Come potete gestire l’imprevisto?
«Se all’improvviso succede qualcosa, devo cacciare i clienti e mandarli a casa perché non posso tenerli dentro? Se stanno aspettando il secondo e inizia a diluviare, devo chiedere di pagare e andarsene? Il maggio scorso ha piovuto per 24 giorni, basta pensare questo. Ci sono diversi punti neri».
Che altro?
«Mi dicono di chiudere alle 22: io posso fare alzare le persone al massimo a quell’ora, ma poi sarebbero subito passibili di multa. Così saremo obbligati a chiudere la cucina e stoppare le ordinazioni alle 20.30: un controsenso».
Non sarà facile lavorare…
«Avrebbero dovuto agire diversamente: così i miei dipendenti arriveranno al lavoro, in attesa di capire se devono tornare a casa. Avevo 200 posti e ora ne restano 70: sono stato costretto a non far sedere gente durante il weekend, negli spiragli di riapertura. Come si può lavorare così?».Alessandro Cavalieri, Da Fabio
Francesco Moroni, il Resto del Carlino, 23 aprile 2021
«Non ho posto fuori: io punto a settembre»
Voi non avete tavoli all’aperto: cosa vi aspetta ora?
«Per noi significa riaprire a giugno, ma non sono molto ottimista. Il vero obiettivo che mi sono dato è settembre, perché questa estate sarà davvero dura». Alessandro Cavalieri gestisce il ristorante ‘Da Fabio’ in via del Cestello ed è tra coloro che dovranno aspettare ancora prima di poter riaprire. E, quando sarà possibile, pare soltanto fino alle 18.
I prossimi mesi saranno tutti in salita, quindi.
«Praticamente fino a settembre non vedremo nessuno, soprattutto in un periodo in cui i turisti non ci sono e i bolognesi sono affamati e assetati di aria aperta. Per noi diventa imprescindibile: o ci viene concesso di aprire ora, con un po’ di tempo per preparare il terreno, o è la fine. Io sono chiuso da 13 mesi».
Non avete mai riaperto?
«Soltanto un mese lo scorso settembre, poi stop».
Come mai?
«Durante i barlumi di ‘zona gialla’ è stato improponibile fare qualsiasi cosa: provavi a organizzarti per il sabato, e la domenica ti facevano chiudere. Considero queste regole abbastanza ‘bislacche’, non trovo nessun nesso con la realtà. Poi non vorrei essere ripetitivo, però…».
Però?
«Sappiamo che i contagi non avvengono dentro i ristoranti, ci sono tante mense che lavorano in presenza, i self service, gli autogrill. Non vedo senso in questa situazione: sono stato tra i primi a chiudere e sono sempre rimasto in attesa di regole chiare e logiche. Ora mi sento frustrato e comincio anche a perdere la fiducia».
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