Molti i pareri favorevoli alla rivoluzione sottoscritta da ministero della Salute e Regioni. Ma vanno risolti i problema degli spazi, dei costi di smaltimento e dello scudo penale
In principio furono le mascherine: ricercatissime, introvabili e costose. Poi in farmacia sono arrivati i test sierologici, i tamponi rapidi e adesso anche i vaccini. «Un cambiamento epocale della figura del farmacista», lo definisce il presidente di Federfarma Emilia-Romagna, Achille Gallina Toschi. Per il presidente dell’ordine, Paolo Manfredi, la pandemia è stata «un portentoso acceleratore, che ha reso la farmacia un vero presidio sanitario, presente in maniera capillare. Anche se – ammette – restano da definire alcuni punti, a cominciare dalla questione delle responsabilità».
Scudo penale, spazi, remunerazione del servizio e costi di smaltimento dei rifiuti sanitari sono alcuni dei punti discussi ieri sera dai titolari delle farmacie bolognesi, nella riunione online organizzata da Federfarma, per conoscere i dettagli dell’accordo sottoscritto dal governo e dalle Regioni. L’idea è di partire da maggio, non appena sarà disponibile anche il siero Johnson&Johnson che si conserva più facilmente e prevede un’unica somministrazione.
La questione degli spazi sarà centrale, perché non tutte le farmacie hanno un’area separata da quella di vendita da dedicare ai vaccini. E anche se ce l’hanno, ragionano dalla farmacia Alberani di via Farini <<al momento è già occupata dai tamponi e dai test sierologici>>. Per Bianca Aicardi, titolare dell’omonima farmacia in via San Vitale, <<i vaccini può farli chi ha una farmacia grande, noi non sapremmo neanche dove mettere i clienti, sia prima di fare il vaccino che dopo, nei quindici minuti di osservazione dopo l’iniezione. Inoltre – prosegue – è un servizio con una remunerazione bassissima, a fronte dei costi di smaltimento». Lo pensa anche la dottoressa Antonella Testi, della Farmacia Guandalini in Via Ferrarese. <<Ci vuole uno spazio dedicato che noi non abbiamo – esordisce – Poi serve la garanzia dello lo scudo penale: non può essere il farmacista a rischiare, tanto più per una retribuzione così bassa. Con sei euro a vaccino non ci stiamo dentro neanche con le spese di smaltimento dei rifiuti, delle siringhe e di tutto il resto: non ne parla mai nessuno, ma per noi è un costo che pesa parecchio».
Sono 150 a Bologna (e 500 in regione) i farmacisti che già in agosto avevano manifestato interesse per l’argomento, iscrivendosi al corso del “Farmacista vaccinatore” promosso dall’Unione Tecnica Italiana Farmacisti. Ora che i vaccini non sono più solo un’ipotesi, chi vorrà abilitarsi dovrà seguire il corso dell’Istituto superiore di sanità, oltre a una serie di esercitazioni pratiche sugli interventi d’emergenza. “Attualmente – spiega Gian Matteo Paulin della farmacia Trento Trieste – il decreto non prevede la presenza di un medico durante il vaccino. Ci sarà un triage a cura del farmacista e un intervento di primo soccorso in caso di effetti collaterali. Ma bisogna anche dire che nella platea di persone che vaccineremo noi le possibilità di reazioni avverse saranno bassissime. Tra i colleghi io sento forte entusiasmo e la consapevolezza che avremo un ruolo importante, di responsabilità». Maurizio Masetti, alla farmacia Sant’Egidio per esempio non vede l’ora: «Sono molto contento di questa opportunità· dice · perché questo è un momento di assoluta necessità e ce n’è davvero bisogno. Prima ci vacciniamo, meglio sarà per tutti. Ho già fatto il corso del farmacista-vaccinatore, spero che i miei spazi siano idonei. Sono giorni che i clienti ci chiedono di fare il vaccino qui in farmacia. Penso, e spero, che saremo di grosso aiuto». Anche Maria Agnese Piervenanzi, alla farmacia dei Servi, alza la mano, «perché prima ci liberiamo di questa pandemia meglio è, purché ci garantiscano che se qualcuno sta male poi non ci mandino in galera. La richiesta? Enorme, anche oggi un mio cliente ipovedente è venuto a chiedere di vaccinarsi».
Per Massimiliano Fracassi, presidente di Federfarma Bologna e titolare della farmacia Sant’Andrea alla Barca, «in questa fase di emergenza, dove a tutti gli operatori sanitari viene richiesto un po’ di più, la farmacia deve avere il coraggio di fare qualche passo avanti: la figura del farmacista-vaccinatore in altri Paesi europei è già realtà>>.
Caterina Giusberti, la Repubblica-31 marzo 2021
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