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L’ira dei ristoratori: la distanza di 2 metri per noi è la condanna. L’Iss: è solo un invito

La reazione delle categorie alle ultime raccomandazioni degli scienziati. La Fipe: non ci sono basi scientifiche. Ma il prof D’Ancona: è prudenza

«Non vi sono evidenze scientifiche che dimostrino la necessità di un incremento della distanza di sicurezza a seguito della comparsa delle nuove varianti virali; tuttavia, si ritiene che un metro rimanga la distanza minima da adottare e che sarebbe opportuno aumentare il distanziamento fisico fino a due metri, laddove possibile e specialmente in tutte le situazioni nelle quali venga rimossa la protezione respiratoria (come, ad esempio, in occasione del consumo di bevande e cibo)». È bastata questa frase, contenuta nel nuovo Rapporto Covid realizzato dall’Istituto superiore di sanità con ministero della Salute, Inail e Aifa per far saltare sulla sedia migliaia di ristoratori italiani.

Già costretti all’ennesima chiusura dalla quasi totalità di zone rosse nelle Regioni italiane, bar e ristoranti rischiano di dover rimettere mano ai propri locali per adeguarli ancora una volta alle nuove regole, perché, spiega l’Iss, per difendersi dalle varianti il metro di distanza potrebbe non bastare e quindi sarebbe «opportuno» raddoppiarlo. Il che significherebbe dimezzare ancora una volta i posti per i clienti.

L’ennesimo colpo per un settore che a causa del Covid in un anno ha perso quasi 250 mila posti di lavoro; 11,1 miliardi di euro soltanto nell’ultimo trimestre del 2020 e che sul campo ha lasciato finora quasi 13 mila tra bar e ristoranti. Colpa delle chiusure obbligate e delle limitazioni di orario, ma anche della drastica riduzione di turisti (soprattutto nelle città d’arte) della quasi totale scomparsa di eventi (fiere e ricevimenti) e dei cambiamenti nelle abitudini degli italiani, soprattutto per lo smart working che in grandi città come Roma e Milano ha ridotto i clienti anche del 90%. «La distanza di due metri non ha basi scientifiche, come ammettono le stesse autorità sanitarie — sottolinea in una nota la Fipe, associazione dei pubblici esercizi di Confcommercio — ma anziché mortificare le speranze di ripresa di una vita normale di italiani e ristoratori, si concentrassero su come accelerare la campagna vaccinale, siamo esasperati e siamo al terzo mese senza ristori e con il 90% dei locali chiusi, non si uccide così un comparto da un milione di lavoratori». Il vicepresidente Fipe, Matteo Musacci, spiega di sentirsi preso in giro: «Non abbiamo bisogno di consigli ma di indicazioni serie, mi sembrano gli stessi che un anno fa volevano il plexiglas in spiaggia: se davvero i due metri diventassero obbligatori, per molti non varrebbe la pena riaprire». Soprattutto nei centri storici delle città, dove i locali non sono così grandi, il distanziamento fino a 2 metri ridurrebbe le sale ristoranti a pochissimi tavoli.

Ancora più arrabbiato Paolo Bianchini, presidente dell’associazione Mio (Movimento Imprese Ospitalità) all’interno di Federturismo-Confindustria che raccoglie oltre 1.200 aziende della ristorazione in tutta Italia: «Mi sembra che sia ripartita la caccia all’untore, l’applicazione di queste deliranti misure rappresenterà il funerale del comparto, ma noi quel protocollo lo osteggeremo con tutte le nostre forze». Bianchini è anche titolare di un ristorante a Viterbo e racconta che nel 2020 ha perso oltre il 50% di fatturato, gli sono arrivati appena 30 mila euro di ristori e il suo margine operativo è arrivato a 5 euro per ogni 100 euro investito: «Come si fa ad andare avanti così? Non è più sostenibile e a un certo punto il gioco non vale la candela». Ma l’epidemiologo dell’Istituto superiore di sanità Paolo D’Ancona, che ha partecipato alla realizzazione del report, cerca di spegnere le polemiche: «La nostra indicazione non è un Dpcm, vuole essere piuttosto un invito alle persone a una maggiore prudenza: se va sempre mantenuto il metro di distanza con la mascherina, tutte le volte in cui si tira giù, come al bar o al ristorante, diventa più prudente aumentare la distanza a due metri».

Claudia Voltattorni, Corriere della Sera -18 marzo 2021

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