Il sogno di Fabio Righi è di realizzare un museo che faccia conoscere i segreti di questa arte antica
CASTIGLIONE DEI PEPOLI C’erano gli Acquafresca di Bargi e i Negroni di Brento, i Ghini di Loiano e i Pozzi dei Sabbioni di Monghidoro. Erano maestri armaioli e i loro fucili, le loro pistole, finemente intagliati e di grande precisione, erano famosi in tutto il mondo.
«L’eco della loro fama – racconta Fabio Righi, animatore del gruppo di ricerca e di volontariato Arca (Archiviazione, ricerca e collettività dell’Appennino bolognese) di Castiglione dei Pepoli – ci è giunta nel corso della raccolta di foto e documenti sugli archibugi bolognesi, ottenuti dai musei di mezzo mondo, da New York a Londra, da Parigi a Bologna. Questa incredibile scoperta è stata fatta dai volontari dell’associazione Abc (Appenino bene culturale), della Pro loco e del gruppo Arca di Lagaro, insieme agli Alpini del gruppo Val Setta e ci dice dell’enorme fama che avevano gli armaioli dell’Appennino bolognese. In particolare per il loro modo di costruire archibugi per la cura dei dettagli, la precisione e tecnica di costruzione».
«Innanzitutto – rivela Righi – una grande mostra che vogliamo portare Bologna e a Firenze. E poi anche a Castiglione dei Pepoli nei vari centri dell’Appennino bolognese per far conoscere una storia completamente sconosciuta, che aiuti turisticamente il territorio e aiuti anche noi a capire chi siamo»
Nicodemo Mele, Il Resto del Carlino 17 marzo 2021
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