Sulla Stampa il presidente di Confcommercio sottolinea che è giusto «tenere alta la guardia nei confronti dell’epidemia», ma «bisogna smettere di penalizzare alcune tipologie di attività, come i bar e la ristorazione»
Non solo indennizzi, ma anche «più credito e per questo occorre intervenire a livello europeo per evitare che si riducano i finanziamenti alle piccole e medie imprese», sostiene il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli. A suo parere «tenere alta la guardia nei confronti dell’epidemia in questa fase delicatissima caratterizzata dalla diffusione delle varianti del coronavirus, proprio nel momento in cui dovrebbe decollare la campagna di vaccinazione, non si discute. Però non si può dimenticare la disperazione di molti imprenditori che vanno salvati ora per dar loro la possibilità di continuare a creare ricchezza e occupazione dopo».
Quindi che propone?
«Bisogna costruire una risposta che vada oltre il modello del “più chiusure” con i suoi drammatici costi economici e sociali, puntando invece e anzitutto sul “più vaccini”. Insieme, vanno rafforzate l’azione di sequenziamento del virus, la capacità di monitoraggio e tracciamento dei contagi, la selettività territoriale delle misure di contrasto dei focolai, l’efficacia dei controlli. Senza dimenticare scuola e trasporti».
«Mi sembra che ancora una volta abbiano prevalso le ragioni dell’urgenza. Questa volta, però, con maggiori tempi di “preavviso” come chiesto più volte da Confcommercio. Ora occorre che scelte e misure siano assunte con maggiore possibilità di confronto e di partecipazione anche con le categorie ancora purtroppo sottoposte a blocchi totali o parziali di attività e delle forze sociali nel loro complesso. Perché solo così si può costruire un progetto condiviso di ripartenza del Paese ed affrontare la sfida di una “nuova ricostruzione”».
Ma come valuta le prime mosse del nuovo governo?
«Bene la concentrazione sul decollo della campagna vaccini. Sul prossimo e atteso decreto “Sostegno” e sulla messa a punto della versione finale del Recovery plan, vedremo. Sono passaggi fondamentali e rispetto ai quali, già durante le consultazioni svolte da Draghi, abbiamo segnalato richieste ed opportunità: la richiesta di indennizzi adeguati e tempestivi; l’opportunità di investire sulla resilienza del terziario di mercato per rafforzare quella complessiva del Paese».
Col decreto «Sostegno» cambieranno gli indennizzi: è d’accordo? Serve altro?
«Ovviamente, dipende da quali saranno i criteri finali. A nostro avviso, archiviato il sistema dei codici Ateco, vanno tenute in debito conto le perdite di fatturato registrate su base annua ed i costi fissi sopportati, mettendo in campo risposte equilibrate rispetto alle diverse dimensioni aziendali. Ma segnaliamo anche la necessità di agire, a livello europeo, per un sistema di regole bancarie che non ponga le premesse per un restringimento del credito e che consenta, in particolare, tempi di rimborso dei prestiti assistiti da garanzie pubbliche straordinarie ben oltre l’attuale limite massimo di 6 anni».
Sui licenziamenti si profila invece un nuovo blocco…
«E’ una soluzione emergenziale che richiede, comunque, una prosecuzione degli ammortizzatori Covid-19 senza costi aggiuntivi e senza differenziazioni tra le diverse dimensioni d’impresa. Quanto alla riforma degli ammortizzatori, giusta la proposta di road-map presentata dal ministro Orlando. Mettere in opera un sistema strutturalmente inclusivo ed universale richiede, però, che le imprese possano tornare ad una normalità operativa e poi c’è bisogno di prospettive chiare di ripartenza».
Ma voi per evitare gli assembramenti che potreste fare?
«Più che altro vorrei dire cosa non si dovrebbe fare, ovvero continuare a penalizzare e discriminare alcune tipologie di impresa che continuano a pagare un prezzo insostenibile per le limitazioni di apertura e per i lockdown. Penso alla ristorazione e ai bar che applicano da sempre e con rigore tutti i protocolli per garantire sicurezza e lavoro».
P.BAR, La Stampa, 4 marzo 2021 -Confcommercio Imprese per l’Italia
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