Rubbiani: «Abbiamo lavorato per mesi e preparato impianti e piste». La richiesta di Bonaccini: «Subito aiuti economici concreti»
Dalla felicità per gli ultimi preparativi sotto il sole, con le assunzioni appena firmate, all’amarezza e alla rabbia per lo stop alle attività sciistiche amatoriali fino al 5 marzo. Il provvedimento del ministro della Salute, Roberto Speranza, arriva come una slavina sulle persone al lavoro al Corno alle Scale. Simona Rubbiani, responsabile Affari generali della società Corno alle Scale srl, che fino a cinque minuti prima diceva che «è tutto pronto, domani riapriamo dopo un anno di fermo, la società ha assunto 25 persone», poco dopo le 19 sembra incredula, poi tra le lacrime riesce a dire solo poche parole: «Lavoravamo come dei disperati da quattro mesi, avevamo messo in vendita centinaia di biglietti on line e dovremo restituire l’incasso, poco fa abbiamo consegnato le divise ai ragazzi, erano tutti felicissimi. E invece tra poco partiranno le lettere di licenziamento. La stagione è finita, chi viene a sciare dal 6 al 30 marzo?». Va all’attacco Flavio Roda, presidente della Federazione italiana sport invernali e della società Corno alle Scale, e si fa sentire da Cortina d’Ampezzo, dove si trova per i Campionati mondiali di sci alpino: «Ci vogliono più serietà e più correttezza, solo lo sci infetta?», si domanda. «Ancora una volta la tempistica dell’informazione sembra non aver rispetto per gli italiani che lavorano – prosegue –. La scorsa settimana il Cts ha dato l’ok alla riapertura delle stazioni, adesso ci troviamo alle 19,30 della sera prima della riapertura con questa ordinanza che chiude tutto. Le stazioni hanno investito molto per preparare piste, assumere personale, per organizzarsi con gli albergatori. Sono stati investiti moltissimi soldi e ancora una volta il nostro mondo viene duramente penalizzato». In serata interviene anche il governatore Stefano Bonaccini: «Non mi sono mai permesso di sindacare le misure per contenere i contagi, perché il contrasto dell’epidemia era e resta la priorità assoluta; ma cambiare le regole all’ultimo minuto è un danno enorme per gli operatori economici, che hanno già visto saltare il grosso della stagione invernale e si erano preparati con pazienza e sacrificio alla giornata di domani. Le regole si rispettano – sottolinea –, ci mancherebbe altro, ma ora servono subito aiuti economici concreti e immediati». Rubbiani riavvolge il nastro e torna indietro di qualche ora. «Da stamattina saranno arrivate al Corno almeno 5mila persone, non c’era più posto per le auto e si era formata una lunga coda. Allora i turisti hanno parcheggiato a sette chilometri da qui – precisa – e poi sono saliti a piedi e sono andati nella neve fresca chi con le ciaspole ai piedi, chi con gli slittini, altri con i bob. Credo di non aver mai visto tanta gente, sono tutte persone che amano la montagna e stare all’aria aperta. Intanto, noi preparavamo la stazione, i cinque impianti fino alla Croce del Corno e le piste. È davvero un grande dispiacere, penso soprattutto ai ragazzi che avevamo assunto. Non riesco nemmeno più a rispondere al telefono». Luciano Magnani, presidente del Consorzio Cimone, non ricorre a giri di parole: «Questo vuol dire far morire la montagna. Da giovedì abbiamo venduto i biglietti on line per evitare assembramenti, un totale di 35mila euro. E penso anche a chi ha prenotato negli alberghi o negli appartamenti. Chi se lo aspettava. Ma non siamo in zona gialla? La colpa sarebbe delle varianti del virus? So solo che abbiamo perso tanti soldi, almeno 350mila euro per fare investimenti e rispettare i protocolli. Qui le aziende chiudono. Vedremo se ci saranno i ristori».
Donatella Barbetta, Il Resto del Carlino 15 febbraio 2021
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