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L’economia da rilanciare

Irene Govoni, Federeventi, Simona Pinelli e Giacomo Berti Arnoaldi Veli, Kong

“La creatività c’è. Il web non basta

«Di recente abbiamo lanciato un sondaggio tra i nostri associati: la situazione è disperata». Irene Govoni, al volante della costola di Ascom che prende il nome di Federeventi, racconta in maniera diretta cosa significhi lavorare per organizzare un evento al tempo della pandemia. Cosa raccontano gli operatori? «Da marzo 2020 è ovviamente tutto bloccato: siamo in grande difficoltà. Non manca la voglia di lavorare, che è fortissima, così come non è venuta meno la creatività e la capacità di adattarsi ai tempi, traslando tantissime attività sul web». Quest’ultima strada è sufficiente per andare avanti? «Ovviamente no, è un palliativo. E dire che ci siamo impegnati: abbiamo provato in tutti i modi, allargando il bacino non soltanto per quanto riguarda gli eventi, ma arrivando fino a consulenze un po’ al limite e al marketing, o ad altre iniziative satelliti». E ora? «Tutto questo non può colmare quel vuoto enorme che ha segnato la pandemia». I ristori? «Poca cosa, forse anche a causa di scarsa armonia a livello nazionale. Solo Confcommercio Ascom ha preso a cuore la nostra causa, per il resto parliamo di bonus esigui rispetto alle predite ingenti». Lei, nello specifico, dai cosa si occupa? «Oltre a Federeventi, ho un’agenzia di comunicazione che vive di due grandi filoni: le feste di strada e quelle ‘corporate’». Cioè all’interno delle aziende. «Faccio un esempio: io lavoro con Ima, un gruppo che non ha bisogno di presentazioni. Mettevamo in piedi feste di Natale o per altri grandi eventi che ora sono venute meno, con un danno molto pesante per noi». Qualche altro esempio? «Uno su tutti: penso ad alcuni Bar Mitzvah che abbiamo organizzato. Oggi tutto questo oggi è impensabile». Qualcosa che l’online, comunque, non può garantire. «Ho provato a proporre il web per alcuni eventi. Mi hanno guardata come fossi un alieno».

Simona Pinelli, organizza eventi culturali

«Cali pesantissimi Il settore è fragile»

Simona Pinelli è assessore alla Cultura a Casalecchio di Reno e, con le sue attività di comunicazione, al centro delle attività culturali e del sistema museale bolognese. Che momento state vivendo? «La fotografia racconta cali impressionanti. Alcuni arrivano a percentuali preoccupanti, come raccontato da Giancarlo Tonelli, soprattutto per le feste di strada». Un calendario di incontri che a Bologna ha sempre visto una partecipazione grandissima. «Enorme, quasi incredibile per tante delle feste che vengono realizzate. Ma anche per congressi e convegni il quadro è drammatico. Solo per la cultura c’è stata una lieve risalita, ma parliamo di mesi fa». Lei lavora anche con Genus Bononiae, protagonista nella cultura bolognese. «I musei ora hanno riaperto, e questo è già un passo avanti, ma sarà molto dura». I ristori, come sottolineato da più parti, non bastano? «Purtroppo no: ora che tutto arriva in maniera ancora più contingentata, le difficoltà sono ben maggiori della primavera dello scorso anno. E il nostro mondo lavorativo è particolare, i tempi sono molto diversi da tanti altri». In che senso, nello specifico? «Non parliamo di una fornitura di beni, ma di servizi. Quello che fai a ottobre spesso viene pagato a gennaio, quello che viene fatto a gennaio viene pagato ad aprile e così via: è difficile andare avanti. In più, se prima ai bandi di gara partecipavano, ad esempio, sei persone, ora siamo in settanta». Il 2021 che prospettive ha? «Non così rosee. Sappiamo che per una vera ripartenza bisognerà aspettare, in più ora diversi operatori finiscono per pestarsi i piedi e questo complica le cose. Chi non si occupava di mercatini, ora ha iniziato a farlo». La coperta è corta, dunque. «Dover organizzare determinate tipologie di eventi nell’attuale situazione, con una riduzione significativa di posti, comporta un aumento importantissimo dei costi. Le criticità aumentano, il vero problema ora è diventato quello della progettazione».

Giacomo Berti Arnoaldi Veli, Kong

«Per ogni evento lavorano in 50»

Giacomo Berti Arnoaldi Veli, socio e direttore artistico di Kong, fa il punto sul suo settore: «Kong è un format innovativo di evento itinerante, nato a Bologna, che negli ultimi anni si è affermato sul panorama nazionale. La nostra proposta è di reinterpretare luoghi inusuali tramite la ricerca musicale e esperienze visive come light e visual design». Quanti danni vi ha causato la pandemia? «Non essendo una struttura fissa, non possiamo parlare di perdite, ma abbiamo sicuramente registrato un mancato incasso pari a quasi il 90% rispetto al 2019. E questo non si riflette unicamente su noi organizzatori». Su che altro? «Su tutta la filiera di figure professionali che costituiscono la spina dorsale del settore: dj e artisti, i service audio-video, i visual e graphic designers, la sicurezza, la logistica, fino ad arrivare all’hospitality. Un nostro evento conta sul lavoro di circa 50 professionisti». Internet che ruolo ha avuto? «Abbiamo provato anche formule alternative, come i live streaming ‘Kong-Urban Calling’ e ‘Kong-Aquatic’ a Cattolica, dove abbiamo realizzato un dj set in mezzo al mare. Ma sono eventi sporadici, perché difficilmente riescono ad autosostenersi per via dei costi elevati». Come vedete i prossimi mesi? «Le prospettive non sembrano delle migliori per l’industria dell’intrattenimento. Mi pare che ci sia un senso di rassegnazione in un settore che non lavora da quasi un anno. E’ importante che, quando si ripartirà, non ci si dimentichi dell’’importanza dell’aspetto artistico rispetto all’immediato ritorno economico e la necessità di investire sulla proposta di talenti locali e del territorio». 

fra.morIl Resto del Carlino, 14 febbraio 2021

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