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«Non si può tenere il paese fermo, basta aperture a intermittenza»

Enrico Postacchini, presidente di Confcommercio Emilia Romagna, il terziario sconta ancora in maniera pesante gli effetti della crisi. Quali auspici per il 2021?

«Resistere alla crisi è il primo obiettivo degli operatori. Dovremo convivere con il virus, l’incertezza di queste settimane di certo non aiuta. L’auspicio è che si esca dalla navigazione a vista, perché servono riforme strutturali e regole certe».

Le vicende degli ultimi giorni, anche sul versante politico, non sembrano promettere bene.

«Nei mesi scorsi abbiamo chiesto a gran voce ristori per permettere alle imprese di sopravvivere. Ma gli indennizzi, laddove arrivati, corrispondono solo a qualche giornata di incasso per un’attività medio-piccola. Adesso la richiesta è un’altra: si dica come lavorare in sicurezza, se occorre aggiornare i protocolli siamo a disposizione per farlo. Non deve essere più in discussione se i nostri negozi possono o no stare aperti: proprio perché anche quest’anno convivremo con il virus, stabiliamo le regole per consentire alle attività di andare avanti».

Il sistema dei colori che disciplina anche aperture e chiusure può costituire un problema?

«Un imprenditore viene a sapere il venerdì se potrà lavorare il lunedì successivo. Chi vende beni durevoli, per i quali ci si approvvigiona mesi prima, va in difficoltà. Figuriamoci coloro che propongono prodotti freschi, a partire dalla ristorazione».

Che è uno dei comparti più penalizzati. Nei giorni scorsi alcuni ristoratori hanno tenuto i locali aperti. «L’Italia è fatta di piccole realtà commerciali, si rischia di minare le basi» locali aperti in segno di protesta contro le ulteriori limitazioni imposte dal governo. Cosa pensa di questo comportamento?

«Confcommercio è sempre stata per il rispetto delle regole: noi ci battiamo perché ci siano quelle giuste. È quello per cui abbiamo combattuto durante il lockdown, ora bisogna fare lo stesso. Discutiamo sulle condizioni per andare avanti, si lavora in diversi comparti e non vedo perché il nostro, con rischi minori, debba essere limitato o bloccato. Non si può tenere il Paese fermo».

C’è il timore che la crisi faccia sparire altre imprese, dopo quelle che non ce l’hanno fatta nel 2020?

«Non è un’ipotesi inverosimile. Se non ci sono una sufficiente dotazione patrimoniale, una disponibilità da parte dell’imprenditore oppure la possibilità di accedere al credito, qualsiasi azienda va in difficoltà lavorando a intermittenza. Perché è così le attività del commercio hanno vissuto gli ultimi mesi».

Vuol dire che i più piccoli rischiano di pagare il prezzo più alto?

«Per questa categoria sono fondamentali i flussi di cassa. Ma non dimentichiamo che l’Italia è costituita per lo più da piccole realtà, vuol dire che si sta minando la sopravvivenza di quella che è la base. È un mondo intorno al quale gravitano tantissime persone».

L’Emilia Romagna ha già perso, nei primi nove mesi del 2020, oltre 10mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi di mercato a causa della pandemia e del crollo dei consumi.

«Un numero significativo, va poi considerato che è negativo (di circa 4mila unità, ndr) il saldo tra cessazioni e nuove aperture.

Ribadisco che queste proiezioni erano già visibili in primavera e che per ogni impresa che se ne va spariscono posti di lavoro, una ricchezza per il territorio e anche gettito per lo Stato».

Come testimonia un’indagine dell’ufficio studi di Confcommercio, tra i settori più colpiti ci sono abbigliamento e calzature, ambulanti e distributori di carburante. Nei servizi di mercato si registrano cospicue perdite nel comparto dei bar e ristoranti.

«I comparti legati alle chiusure previste dai Dpcm sono andati più in difficoltà. Nel commercio registriamo anche in Emilia Romagna un notevole calo per i beni durevoli».

La pandemia ha messo a dura prova anche il turismo. Ci sono spiragli per il 2021?

«Lo scenario è drammatico, in quello che è un comparto trainante anche nella nostra regione. Non ci facciamo illusioni: perché il turismo riparta davvero è necessario che in tutto il mondo, dal punto di vista sanitario, ci sia una situazione migliore di quella attuale».

In Emilia Romagna sono in partenza i saldi. Per il commercio è un’occasione dopo mesi bui?

«Vediamo, c’è bisogno che riparta la domanda. È positivo che qui si sia scelto di posticipare l’avvio al 30 gennaio. Abbiamo bisogno di allungare il più possibile la stagione invernale».

Il peso della situazione

«Gli indennizzi, laddove arrivati, corrispondono solo a qualche giornata di incasso per un’attività medio-piccola. Non deve essere più in discussione se i nostri negozi possono o no stare aperti: anche quest’anno convivremo con il virus, stabiliamo le regole per consentire alle attività di andare avanti».

Piccole imprese a rischio

«Se non ci sono una sufficiente dotazione patrimoniale, una disponibilità da parte dell’imprenditore oppure la possibilità di accedere al credito, qualsiasi azienda va in difficoltà lavorando a intermittenza. Così le imprese hanno vissuto gli ultimi mesi».

Il sistema dei colori

«Un imprenditore viene a sapere il venerdì se potrà lavorare il lunedì successivo. Chi vende beni durevoli, per i quali ci si approvvigiona mesi prima, va in difficoltà. Figuriamoci coloro che propongono prodotti freschi, a partire dalla ristorazione».

Le prospettive per il turismo

«Lo scenario è drammatico, in quello che è un comparto trainante anche nella nostra regione. Non ci facciamo illusioni: perché il turismo riparta davvero è necessario che in tutto il mondo, dal punto di vista sanitario, ci sia una situazione migliore di quella attuale».

Navigazione a vista non più possibile

«Dovremo convivere con il virus, l’incertezza di queste settimane di certo non aiuta. Resistere alla crisi è il primo obiettivo degli operatori. L’auspicio è che si esca dalla navigazione a vista, perché servono riforme strutturali e regole certe».

Giuseppe Catapano, Il Resto del Carlino 30 gennaio 2021

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