Pettinicchio del Pappagallo: «Ma il delivery non copre il lavoro perso»
«Avevamo il tutto esaurito, come tanti altri colleghi. Proviamo a reinventarci portando la cena della Vigilia, il pranzo di Natale e il Cenone di Capodanno a casa, ma non è certo la stessa cosa». Michele Pettinicchio insieme alla moglie Elisabetta Valenti è alla guida dello storico ristorante Al Pappagallo di piazza della Mercanzia dal 2017: Proprio nelle settimane precedenti allo scoppio della pandemia era partito un nuovo progetto di restyling dell’attività, che si è arricchita con l’osteria dell’adiacente Torre Alberici. «Da quel punto di vista questo 2020 oltre al danno ci ha portato pure la beffa», osserva Pettinicchio nel commentare l’ultima stretta del governo.
Preparavate il sold out. Adesso come farete? «Il locale potrebbe ospitare 120 coperti ma le norme ce ne consentono 45. Nei giorni delle feste erano tutti prenotati. Un vero peccato. Ora stiamo chiamando i clienti per informarli della cancellazione: i più sono molto contrariati da questa situazione e ci dimostrano solidarietà. A chi vuole proponiamo dei box con le materie prime, gli strumenti e tutto il necessario per preparare il menu a domicilio. Il servizio di delivery che facciamo, per garantire la freschezza e la qualità è pensato così. Se non si può mangiare al ristorante preferiamo che le persone lo facciano a casa».
Funziona? «Per il nostro tipo di ristorazione è un tipo di esperienza che piace di più rispetto all’asporto o alle consegne a domicilio “classiche”. Per il resto non possiamo certo fare confronti con quella che sarebbe la nostra attività principale. Asporto e delivery non coprono il lavoro perso».
Siete arrabbiati? «La notizia era nell’aria e sentendo anche i colleghi sapevamo che le prenotazioni prese erano a forte rischio. Finiremo le chiamate di disdetta pomeriggio (ieri , ndr ) o domani. La salute viene prima di tutto e va difesa, possiamo sperare solo che questa epidemia passi il prima possibile perché è un disastro sotto tutti i punti di vista».
Insieme alle nuove restrizioni il governo ha presentato un pacchetto di nuovi ristori. Sono sufficienti? «Su quello sono critico, perché i ristori non sono adeguati. È una misura che finora si è dimostrata altamente insufficiente rispetto alle perdite delle attività. Stiamo parlando di otto mesi e mezzo senza fatturare o fatturando molto meno rispetto agli anni passati: sono danni da centinaia di migliaia di euro e non è vero che viene riconosciuto il 100% di quanto è stato perso. Siamo imprenditori e teniamo duro, aspettando che tutto questo finisca».
Un danno per voi e i vostri dipendenti. «Abbiamo avuto qualcuno in cassa integrazione ma quando è stato possibile aprire abbiamo sempre voluto tutti i dipendenti a lavorare: crediamo in un certo tipo di servizio e per farlo serve il personale. In questi anni abbiamo costruito una bella squadra, tra l’altro molto giovane, e siamo molto contenti dei nostri ragazzi. Non molliamo anche per loro».
M.G. Corriere di Bologna, 20 dicembre 2020
“Finché sarà apprezzato e sostenuto il suo forte ruolo di servizio alle comunità, il negozio non morirà mai perché è sinonimo di collettività, di socialità, di sicurezza, di coesione”