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Addio a Fanciullacci, simbolo del ’Donatello’

Il titolare del noto ristorante di via Augusto Righi morto a 76 anni per il Covid. Ai suoi tavoli tanti vip: Coppi, Wanda Osiris, il Volo…

Per quasi sessant’anni è stato il volto e il simbolo di un locale tra i più antichi e tradizionali di Bologna: il Donatello di via Augusto Righi. Anche Ferruccio Fanciullacci (nella foto), classe 1944, è morto di Covid. Se ne va un altro pezzo di storia della ristorazione cittadina, a breve distanza dalla scomparsa di Ivo Gandolfi e Marco Panichi. Storia unica, quella del Donatello. Nessun altro ristorante bolognese è gestito senza sosta dalla stessa famiglia da quasi 120 anni.

Donatello Fanciullacci, pratese di origine, lo aprì nel 1903, quando via Augusto Righi non esisteva nemmeno (la strada si chiamava via Repubblicana). Ferruccio, ovviamente figlio e nipote d’arte, prese il timone del locale in un momento difficile. Anno 1961. Il padre Bruno morì in un momento in cui il ristorante aveva perduto lo smalto dei periodi migliori. Erano ormai lontane le sfavillanti serate che Ferruccio Fanciullacci ha raccontato in un bel libro, ‘Benvenuti al Donatello’, scritto con Michele Pompei e pubblicato da Pendragon per celebrare il centenario del locale.

È una miniera di aneddoti e di incontri divertenti, gli stessi che Ferruccio amava raccontare agli amici e ai clienti, con la sua colta e ricercata eleganza, più europea che bolognese. Coppi e Bartali entravano al ristorante nello stesso momento, si sedevano in tavoli separati, cenavano, pagavano e poi se ne andavano via insieme. Wanda Osiris, in turbante e rossetto fiammante, davanti a un piatto di tortellini si riprendeva dalle fatiche del palcoscenico, con i piedi a bagno in una bacinella di acqua e sale infilata sotto il tavolo da un premuroso cameriere. E Joséphine Baker, la cui scarpetta divenne una coppa di champagne che passava di tavolo in tavolo.

Gli anni ’50 restano indimenticabili. Tavoli affollati quasi tutte le sere, fino alle 5 del mattino. Papà Bruno e la moglie gestirono il ristorante con stile e maestria. I bolliti erano un classico. Indimenticabile una festa del giugno 1955, quando nel locale esplose la gioia per il trionfo di Francesco Cavicchi che aveva appena conquistato il titolo europeo dei pesi massimi in uno stadio Comunale mai così pieno. Pare sia stato il record di incassi anche per il Donatello. I clienti, comunque, erano sempre numerosi e a volte un po’ particolari. Dopo mezzanotte spuntavano tavolate di signorine dal trucco pesante, reduci da una lunga giornata di lavoro in uno dei celebri bordelli della zona. Bordelli stellati, se la Michelin avesse dedicato una guida anche a quel fiorente ramo del terziario. Quando la direzione del Donatello piombò sulle sue spalle, Ferruccio era solo un ragazzino con vive passioni: la letteratura, il cinema e soprattutto il canto.

Trovò la forza di riordinare le idee, di ristrutturare il locale, di rilanciarlo nel giro di pochi anni, col costante aiuto della moglie Katia e di cuochi efficaci e solidi. Spuntarono di nuovo i clienti importanti, i cantanti, gli attori. Mirella Freni, Raf Vallone, Mario Scaccia, Paolo Poli e, più recentemente, i ragazzi del Volo. Decisiva, fra i tavoli, la verve di Ferruccio e di Katia. Da decenni il ristorante, con le sue alte pareti coperte di foto autografate da clienti illustri, è meta di sindaci e buongustai, imprenditori e gente di spettacolo. In sala, Ferruccio era un magnetico protagonista, sempre pronto a una battuta sorridente o a un valido consiglio su un vino o un piatto fuori menù. Prezioso, negli ultimi anni, l’inserimento dei figli Davide e Riccardo. Gestione Fanciullacci, oggi come nel 1903. Tocca ai ragazzi portare avanti, con Katia, una storia tra le più belle e importanti della ristorazione cittadina. I funerali si terrano giovedì alle 10 nella parrocchia di San Benedetto, in via indipendenza 64.

Mauro Bassini, Il Resto del Carlino 8 dicembre 2020

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