L’assessore regionale Colla, fra i sostenitori dell’accorpamento, si appella al governo: «Autorizzare i convegni durante le manifestazioni»
«È una grande operazione che guarda in prospettiva, se si concretizza parliamo della più grande fiera del Paese». L’assessore regionale allo sviluppo economico, Vincenzo Colla, è tra i grandi sostenitori della fusione delle fiere di Bologna e Rimini. Un progetto, quello dell’integrazione degli expo regionali, di cui si è parlato tante volte negli anni, ma che mai è arrivato alla svolta decisiva.
Il Covid-19, però, ha cambiato le carte in tavola: «C’è chi nella crisi decide di uscire e chi decide di investire – sottolinea Colla – Abbiamo scelto la seconda strada, che è la più giusta per una grande regione e per le città manifatturiere di questo territorio». Intanto, prima di arrivare all’integrazione, c’è un’urgenza: «La preoccupazione, nell’immediato, è quella di permettere di svolgere i convegni nelle fiere».
Assessore, in effetti l’ultimo Dpcm del premier Conte apre solo alle manifestazioni nazionali e internazionali: convegni e congressi sembrano permessi solo a distanza.
Riccardo Rimondi, il Resto del Carlino, 21 ottobre 2020
«Permettere la convegnistica è fondamentale. I convegni all’interno della programmazione dell’evento fieristico sono parte integrale delle manifestazioni. Abbiamo chiesto al governo di esplicitare che i convegni possono essere svolti all’interno delle fiere: si tratta di servizi fondamentali per il nostro sistema manifatturiero, per lo sviluppo e il lavoro. E alle spalle abbiamo un 2020 orribile».
Quest’anno, per la Fiera di Bologna, si parla di un calo del fatturato nell’ordine del 70%. Quanto c’è da preoccuparsi per la tenuta del sistema fieristico?
«Ovviamente il bilancio 2020 ha un impatto senza precedenti nella storia. Ma se si decide di fare un discorso di prospettiva è chiaro che si guarda a un investimento di prospettiva».
Tra i soci c’è unanimità sulla fusione tra Bologna e Rimini e sulle modalità? Spesso, in passato, non è stato così.
«Per quanto mi riguarda c’è un clima di grande disponibilità molto positivo. Ognuno ha il diritto di fare valutazioni nei luoghi deputati, ma c’è un salto di qualità anche nella volontà. Restare fermi in questa fase è un errore che non ci possiamo permettere, il blocco delle proposte senza proposte rischia di non reggere. Inoltre è noto anche il coinvolgimento di un grande driver come Cassa depositi e prestiti».
Altro tema che ha spesso fatto discutere, a Bologna, è quello dei rapporti di forza tra soci pubblici e privati. Nel nuovo soggetto i pubblici avranno il controllo o scenderanno in minoranza?
«Mi sembra che il pubblico manterrà il suo ruolo di forza. La discussione tra i soggetti pubblici è fluida, ma vogliono mantenere ruolo di forza. Non contro i privati, ma con i privati. È un fatto anche di posizionamento strategico».
Qualche giorno fa le due fiere, con una nota congiunta, si sono date un obiettivo temporale, maggio 2021, e hanno esplicitato di puntare al segmento Star di Borsa Italiana. Obiettivi realistici?
«Ci fidiamo delle due fiere, dicono cose che vanno nella direzione giusta. Spetta a loro congegnare il percorso».
Nel progetto di fusione però non c’è Parma.
«Ma noi siamo aperti, non è che il mondo finisce domani».
Intanto BolognaFiere e dipendenti si scontrano sul contratto e sul futuro dei lavoratori part time. Qual è la posizione della Regione?
«Intanto nel progetto non ci sono perdite di posti di lavoro. C’è un tavolo in Città metropolitana a cui partecipiamo: abbiamo rispetto di quel percorso, il cambiamento va gestito da entrambe le parti».
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