I negozi di vicinato fuori dal centro vanno meglio. Tonelli (Ascom): «Hanno saputo interpretare bene le necessità in tempo di pandemia»
Commercio bifronte. È una medaglia a due facce l’universo degli esercenti bolognesi in questo primo mese di ripartenza. Uno scenario purtroppo recessivo in linea generale, eppure piuttosto diversificato.
Se infatti dall’affanno accentuato del centro storico, come evidenziato su queste colonne nei giorni scorsi, ci si sposta in periferia, si potrà riscontrare come la pandemia abbia fatto anche cose buone, ad esempio spronare la cittadinanza a riscoprire e riappropriarsi di un patrimonio economico e sociale della città: il ‘negozio di quartiere’.
«Omogeneamente i dati ci restituiscono uno stress minore da parte del commercio di periferia rispetto a quello del centro storico – conferma il direttore generale di Ascom Giancarlo Tonelli –. Parliamo di un calo dei consumi del 50% per i non alimentari ai piedi delle Due Torri, un dimezzamento che si ridimensiona uscendo dal Quadrilatero fino al -30%».
In periferia infatti, l’assenza di turisti, studenti universitari e lavoratori ora in smart-working ha colpito meno duramente attività da sempre legate a filo doppio con una clientela abitudinaria. «Nonostante questo zoccolo duro – continua Tonelli –, non si può nascondere che anche in periferia la ripartenza proceda a ritmo tartaruga, ma nel suo insieme il quartiere e le sue attività hanno accresciuto il proprio valore non solo commerciale. Continua a funzionare la consegna a domicilio e complessivamente le attività di commercio in periferia hanno saputo interpretare bene e da subito le necessità del pubblico in tempo di pandemia e anche dopo».
Da un ambiente familiare e controllato, a una sanificazione più snella nei tempi e liste d’attesa rapide per le consegne, gli ingredienti che si mischiano nel potpourri di fattori che ha arginato le perdite del commercio periferico non possono tuttavia spazzare via con un colpo di spugna quei segni meno che i dati Ascom sottolineano.
Come il -50% per l’abbigliamento e il -30% dei ristoranti, più confortante tuttavia dei picchi di -60% registrati nel volume d’affari del centro storico. A tenere botta, sempre l’alimentare ‘sotto casa’ che rispetto alla grande distribuzione ha messo la freccia in tempo di lockdown, andando a registrare un +10% nei consumi che lievita ancora di più per tutte le zone oltre il cerchio dei viali.
«Questo lo scenario con cui ci stiamo confrontando oggi – completa il direttore generale Ascom –. Ma per arrivare alle prime conclusioni su ciò che ne sarà del commercio felsineo, ci sono due step da affrontare e superare, sia per centro che periferia. Il primo è settembre, per quando è attesa la vera e propria ripartenza del settore perché inteso come il momento in cui, dopo le vacanze estive, tutte le attività tipiche del lavoro bolognese riprenderanno a pieno ritmo. Pandemia permettendo. Un’altra verifica importante poi si farà a novembre e dicembre, quando complici le festività natalizie ci auguriamo una spinta economica con cui entrare nel 2021 col piede giusto».
Un preludio a cui è giusto pensare, ma prima del quale il commercio bolognese sarà costretto, senza tanti giri di parole, a stringere i denti per luglio e agosto, quei mesi che, complice lo svuotarsi della città per le ferie estive, da sempre hanno rappresentato un periodo di flessione.
Francesco Zuppiroli, il Resto del Carlino, 27 luglio 2020
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