Intervista a Enrico Posatcchini, membro di giunta Confcommercio con delega alle politiche commerciali. “Confcommercio non è e non sarà mai ostile all’ecommerce né alla concorrenza dei player mondiali del commercio elettronico. Ciò che chiediamo da tempo con forza è parità di regole“.
Il commercio al dettaglio è certamente uno dei settori più colpiti dall’onda d’urto recessiva provocata dalla pandemia da Covid-19U. Una tempesta che ha fatto danni non solo per la serrata obbligata durante il Iockdown, ma anche per una presunta mutazione in corso delle abitudini di acquisto degli italiani. Durante questi mesi è stato l’ecommerce a fare un balzo (inevitabile viste le condizioni) e ad aprire nuove frontiere dello shopping. Il punto è capire se si tratta di un percorso irreversibile che escluda o riduca sensibilmente l’esperienza di acquisto fisico.
«Non è l’ecommerce di per sé a danneggiare il commercio tradizionale – spiega Enrico Postacchini, membro di giunta Confcommercio con delega alle politiche commerciali-. Il digitale è un’evoluzione naturale del retail che ormai è multicanale. Un’esperienza non esclude l’altra, anzi il lockdown ha accelerato anche la propensione dei commercianti italiani ai servizi da remoto. In questi mesi si sono moltiplicate le piattaforme locali con la possibilità di ordinazioni e consegne a domicilio: l’evoluzione digitale del servizio del vecchio garzone».
Resta aperto però il «contenzioso» con le piattaforme globali di commercio elettronico, causa, secondo molti (anche di Confcommercio), dell’impoverimento del retail territoriale.
«Bisogna distinguere le questioni e sgombrare il campo da pregiudizi – avverte Postacchini-. Confcommercio non è e non sarà mai ostile all’ecommerce né alla concorrenza dei player mondiali del commercio elettronico. Ciò che chiediamo da tempo con forza è parità di regole. Innanzitutto di quelle fiscali: bisogna avere la stessa tassazione e pagare la stessa Iva per avere una corretta competizione. A parità di condizioni e di regole esiste concorrenza altrimenti si tratta di un dumping destinato a desertificare il commercio locale che, non dimentichiamolo, ha contribuito e contribuisce a rendere più belle, più comode e più sicure le nostre città. Immaginatevi quartieri senza piccoli negozi, senza servizi di prossimità. Senza dimenticare un fattore: le multinazionali se vedono scendere il loro business, smobilitano e vanno in un altro angolo del mondo. I negozi territoriali sono radicati, resistono anche alla crisi. E imigliori Io faranno anche stavolta»
Isidoro Trovato, L’Economia Corriere della Sera, 20 luglio 2020
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