Si sta determinando «una disparità di trattamento inaccettabile per lavoratori e imprese» dichiara il direttore generale di Ascom Giancarlo Tonelli.
Una «situazione assurda e paradossale»: così Confcommercio Ascom definisce il caso di Medicina, chiedendo a Palazzo Chigi di «estendere urgentemente a questi territori le misure straordinarie adottate per le zone rosse istituite dal Governo». «I lavoratori della zone rosse di Medicina e Ganzanigo – dice il presidente di Ascom, Enrico Postacchini – ad oggi hanno dovuto utilizzare le proprie ferie per far fronte alle assenze forzate dal lavoro. Questo è profondamente ingiusto: è necessario che sia riconosciuta la malattia ai lavoratori residenti e a quelli che a causa del blocco non hanno potuto raggiungere le imprese locali, così come avviene per tutte le altre zone rosse istituite dal Governo». Si sta determinando «una disparità di trattamento inaccettabile per lavoratori e imprese» aggiunge il direttore generale di Ascom Giancarlo Tonelli.
«Il nostro sacrificio è stato dimenticato» Le voci dal paese che ha arginato il contagio durante il picco della pandemia Disillusione e rabbia dopo che il governo non concederà la malattia ai lavoratori .A Medicina c’è chi ha amici, parenti o conviventi, che non si sono visti riconoscere la malattia durante il periodo di zona rossa. Fra questi ci sono la commerciante Michela Dall’Olio e la studentessa Manal Elhaouari. «Il mio compagno – sottolinea la Dall’Olio – fa purtroppo parte dei lavoratori che non si sono visti riconoscere un diritto. È stato costretto a non lavorare per un periodo lungo, e ha ‘bruciato’ molti giorni di ferie. Credo sia profondamente ingiusto. Lo pensiamo tutti qui a Medicina. Chi non ha subito direttamente questa ingiustizia, ha amici e parenti che stanno vivendo un’odissea. Speriamo che entro luglio la situazioni si sblocchi». Il padre di Manal Elhaouari non si è visto riconoscere la malattia: «È davvero brutta questa storia. Soprattutto per chi come mio padre ama il proprio lavoro e, come tutti a Medicina, si è sacrificato restando a casa obbligatoriamente. Alla fine anche lui si trova in questa situazione surreale. La nostra famiglia è solidale con i lavoratori di Medicina che hanno subito questa ingiustizia».
Attendevano fiduciosi che l’emendamento per il riconoscimento della malattia durante il periodo di zona rossa fosse inserito nel ‘Decreto rilancio’ e, invece, 300 lavoratori di Medicina sono rimasti delusi. Il Governo, per ora, ha detto ‘no’ e, quindi, per chi è stato costretto a restare in casa, il periodo dal 16 marzo al 3 aprile è da considerarsi come ‘ferie’. A fine luglio si spera che, finalmente, l’emendamento venga inserito nei prossimi provvedimenti governativi. A creare questa situazione surreale il fatto che la zona rossa di Medicina sia stata decisa dalla Regione e non dallo Stato. Per questo motivo, l’Inps non ha riconosciuto la malattia. Neanche l’intervento del Pd ha sbloccato la situazione: l’emendamento preparato alla Camera dai dem è stato alla fine scartato. A Medicina l’ingiustizia subita dai lavoratori ha trovato la solidarietà di tutto il paese. La presidente della Pro Loco. Monica Zaccherini, forte di centinaia di volontari aderenti, è dispiaciuta: «Ci era stato detto che doveva chiudere il paese per aiutare Bologna e Imola. E così la nostra città responsabilmente si è sacrificata. Poi scopriamo che oltre al danno è arrivata la beffa per 300 lavoratori del paese. Tanti hanno scritto sui social facendo presente la loro situazione. Tutti i medicinesi sono vicini a queste persone. Anche la sottoscritta poteva ricadere in quei dipendenti che non si sono visti riconoscere la malattia. Per fortuna che sono riuscita comunque a lavorare grazie allo smart working. Ma molti non lo hanno potuto fare». Le fa eco il presidente di Ascom locale Claudio Mioli: «Prima la chiusura di Medicina era strategica per salvare Bologna e Imola, poi, una volta finito tutto, si sono dimenticati di noi».
Matteo Radogna, Il Resto del Carlino, 8 luglio 2020
“Finché sarà apprezzato e sostenuto il suo forte ruolo di servizio alle comunità, il negozio non morirà mai perché è sinonimo di collettività, di socialità, di sicurezza, di coesione”