Il laboratorio “Pasta Lab” ha avviato la propria attività l’11 marzo, giorno del lockdown: «Salvate dal delivery e dall’amicizia»
«Abbiamo aperto ’Pasta Lab’ la mattina dell’11 marzo. Quella sera ha chiuso l’Italia. Sapevamo che sarebbe successo, ma in cuor nostro speravamo di no». Lucia Bezzi e Alexandra Witters condividevano lo stesso sogno: aprire un laboratorio in cui poter sfornare delizie di pasta fresca e offrire corsi di cucina ai turisti stranieri. Ci riescono, in via Pier de Crescenzi 2/e-f. Poi, però, arriva il Covid-19, e cambia tutto.
«In questi mesi di lockdown non abbiamo mai chiuso – racconta Lucia –. I primi giorni non sapevamo davvero quale sarebbe stato il nostro destino, era tutto così confuso. Gli scontrini erano penosi, in giro non c’era nessuno e dovevamo congelare tutto quello che preparavamo in laboratorio per non doverlo buttare via. Alla fine siamo state costrette a fare le consegne a domicilio: siamo sopravvissute con la produzione della pasta, non potendo contare sulla gastronomia. Solo così siamo riuscite a pagare tutte le spese. L’idea dei corsi di cucina amatoriale per stranieri? Infattibile. Di turisti non ce ne sono».
Una grande amicizia, quella tra Lucia e Alexandra, che nasce diversi anni fa sul posto di lavoro, una scuola di cucina. «Alexandra è olandese – continua Lucia –. È venuta in Italia apposta per imparare a fare la pasta fresca. Era brava, così è stata assunta. Da quel momento siamo diventate molto amiche e ci siamo unite. Poi, il locale insieme, per coronare il nostro sogno, anche se in un momento difficile come questo. Ma in fondo va bene così: sarebbe stato peggio se non avessimo preso questa strada, se non ci fossimo messe in proprio. Attualmente il settore del turismo è fermo, quindi probabilmente ad oggi saremmo già state anche licenziate. Diciamo che nella sfortuna, qualcosa di positivo c’è. Da metà maggio c’è più gente in giro, ci stiamo riprendendo. Noi due comunque siamo forti, non siamo persone che si spaventano facilmente: all’inizio, per esempio, mancavano le mascherine, noi ce le siamo fatte da sole con la carta da forno, prendendo ispirazione da alcuni tutorial. Lo abbiamo fatto perché non avevamo altra scelta, perché ne avevamo bisogno. Il dubbio e la paura c’era, però non avevamo alternative, se non quella di chiudere la serranda e pagare i debiti per sempre. Ovviamente non lo avremmo mai fatto».
Alessia Ussia, il Resto del Carlino, 4 luglio 2020
“Finché sarà apprezzato e sostenuto il suo forte ruolo di servizio alle comunità, il negozio non morirà mai perché è sinonimo di collettività, di socialità, di sicurezza, di coesione”