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«Alle imprese servono interlocutori pubblici presenti»

L’Ascom chiede soluzioni immediate. Il Direttore Tonelli: «Troppi uffici non sono raggiungibili a causa del lavoro da casa. Così si mettono a rischio i servizi»

«Non ci può essere una ripartenza a due velocità». Con privati da un lato, e pubblica amministrazione dall’altro, che affrontano la ‘fase 3’ a ritmi differenti. Dal 18 maggio, in città hanno riaperto otto imprese su dieci. Oggi, un mese e mezzo dopo, afferma Giancarlo Tonelli, direttore dell’Ascom, «non è accettabile che ci siano ancora tanti uffici pubblici non raggiungibili, o funzionanti a mezzo servizio» a causa del prolungarsi dello smart working.

«Ripartenza – avverte Tonelli – non può significare una città a due velocità, un’economia a due velocità e il lavoro a due velocità». La ripresa della quasi totalità delle attività e delle imprese nei comuni della Città metropolitana, dopo i mesi di lockdown, «ha riportato le persone a vivere il proprio territorio nel modo più normale possibile». Sia pure – a partire dai negozi – con tutte le attenzioni richieste dalla prudenza: distanziamento sociale, mascherine, gel. In questa situazione in cui in tutti i settori si fanno i salti mortali per cercare di ricominciare e dare qualche boccata di ossigeno, spiega il direttore dell’Ascom, «stiamo ricevendo numerose segnalazioni da parte di imprese che lamentano la difficoltà di mettersi in contatto con un interlocutore» nella Pubblica amministrazione. «Non è possibile che, a causa dello smart working, ci siano uffici pubblici ancora non raggiungibili né dalle imprese né dai cittadini.

Di fronte al fenomeno di quella che gli psicologi chiamano ‘sindrome dalla capanna’, la paura diffusa di tornare alla normalità, Tonelli commenta: «Capisco la preoccupazione, ma come è ripartito il sistema privato deve ripartire anche il sistema pubblico».

Una posizione che richiama le parole del sindaco di Milano, Giuseppe Sala: «Basta smart working, è ora di tornare al lavoro: l’effetto grotta è pericoloso». Insomma, si chiede l’allineamento fra pubblico – dalla Regione al Comune, all’Università – e privato per una ripartenza omogenea. Perché le imprese «hanno necessità di interlocutori fisicamente presenti». Mentre lo smart working in percentuali così alte (in Comune, per esempio, si supera l’80% dei dipendenti), «sta comportando seri problemi di mancanza di servizi».

L’Ascom chiede soluzioni immediate. «Non è pensabile che si vada avanti così fino a settembre. È troppo tardi. Veniamo da una situazione difficilissima, la ripartenza è tuttora lenta: non possiamo perdere altro tempo», avverte Tonelli. Insomma, se «è sacrosanto» che il Comune stia pensando a un rientro in ufficio dei propri dipendenti, «non è ammissibile che questo avvenga dopo l’estate». Perché «i danni di questa doppia velocità, dal punto di vista di servizi non resi a imprese e cittadini, sono già evidenti». Volendo trovare un lato positivo, Tonelli commenta: «Lo smart working ci ha insegnato che è possibile una diversa modalità di lavoro e ci ha dato indicazioni utili. Ma sono d’accordo con chi ritiene che il lavoro da casa non debba superare la soglia del 20% dei dipendenti. Mentre oggi in troppi settori siamo ancora all’80%. Una situazione non più sopportabile». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Il Resto del Carlino, 2 luglio 2020

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